Donna con bambino che legge, Villa dei Misteri, Pompei
"E qualche volta a casa, nel mio letto, molto tempo dopo che la cena era finita, anche le ultime ore della sera accoglievano la mia lettura, ma soltanto nei giorni in cui ero arrivato agli ultimi capitoli di un libro, in cui non restava più molto da leggere per arrivare alla fine. Allora, rischiando un castigo se venivo scoperto, e l'insonnia che, concluso il libro, sarebbe durata forse tutta la notte, appena i miei genitori si erano coricati riaccendevo la candela; mentre, nella strada vicinissima, tra la casa dell'armaiolo e la posta immersa nel silenzio, il cielo cupo e tuttavia azzurro era pieno di stelle, e a sinistra, sulla stradina ripida in cui iniziava la curva della sua salita, si sentiva vegliare, nero e mostruoso, l'abside della chiesa le cui statue la notte non dormivano, la chiesa campagnola e tuttavia storica, dimora incantata del Buon Dio, del pane benedetto, dei santi multicolori e delle signore dei castelli vicini che, nei giorni di festa, suscitando il chiocciare delle galline e gli sguardi delle pettegole quando attraversano il mercato, venivano a messa «in carrozza e cavalli», senza dimenticare di comprare, al ritorno, nella pasticceria della piazza, subito dopo aver lasciato l'ombra del portico in cui i fedeli spingendo la porta a tamburo seminavano i rubini vagabondi della navata, quei dolci a forma di torri, che una tenda proteggeva dal sole -manqués, saint-honorés e génoises- il cui profumo ozioso e zuccherino è rimasto legato per me alle campane della messa solene e alla allegria domenicale.
Poi, letta l'ultima pagina, il libro era finito. Bisognava interrompere la corsa sfrenata degli occhi e della voce che seguiva silenziosamente, fermandosi soltanto per prendere fiato, con un profondo sospiro. Allora, per dare al tumulto scatenato in me da troppo tempo perchè potesse calmarsi all'improvviso altri movimenti da guidare, mi alzavo, mi mettevo a camminare lungo il letto, lo sguardo ancora fisso su un punto che sarebbe stato inutile cercare nella stanza o fuori, perchè si trovava a una distanza dall'anima, una di quelle distanza che non si calcolano, come le altre, in metri o leghe, e che sarebbe d'altronde impossibile confondere con quelle quando si guardano gli occhi «lontani» di chi pensa «ad altro». Ma come? quel libro era soltanto questo? Quegli essere ai quali avevamo dedicato attenzione e tenerezza più che alle creature vere, non sempre osando confessare a che punto li amassimo, ma al contrario, quando i nostri genitori ci trovavano immersi nella lettura e sembravano sorridere della nostra emozione, giungendo a chiudere il libro con falsa indifferenza o noia simulata; quelle persone per le quali avevamo trattenuto il respiro e sighiozzato, non le avremmo mai più riviste, non ne avremmo saputo più nulla."
Ieri era la giornata mondiale della lettura; il consiglio non può che essere: Marcel Proust, Sulla lettura, 1905.
Chiara
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