G. Courbet, Autoritratto o Uomo disperato, 1843, Oslo, Nasjonalgalleriet
Il maestro del Realismo ottocentesco distrugge la logica
espositiva delle esposizioni ufficiali parigine, delle
commissioni giudicatrici, della pittura celebrativa e di
"gran genere" pur senza prescindere da una perfetta
consapevolezza della necessità dello studio della
tradizione. Un afflato di straordinaria modernità.
"Non ho voluto imitare gli uni nè copiare gli altri; nè ho
studiato con l'intenzione di raggiungere l'inutile meta
dell'arte per l'arte. No. Ho voluto semplicemente attingere
alla perfetta conoscenza della tradizione il sentimento
ragionato e indipendente della propria individualità. Sapere
per potere, questa fu sempre la mia idea. Essere capace di
rappresentare i costumi, le idee, l'aspetto della mia
epoca, secondo il mio modo di vedere; essere non solo un
pittore ma un uomo; in una parola fare dell'arte viva,
questo è il mio scopo."
[Gustave Courbet, dal catalogo della mostra di Courbet al
Padiglione del Realismo di Parigi, 1855].
espositiva delle esposizioni ufficiali parigine, delle
commissioni giudicatrici, della pittura celebrativa e di
"gran genere" pur senza prescindere da una perfetta
consapevolezza della necessità dello studio della
tradizione. Un afflato di straordinaria modernità.
"Non ho voluto imitare gli uni nè copiare gli altri; nè ho
studiato con l'intenzione di raggiungere l'inutile meta
dell'arte per l'arte. No. Ho voluto semplicemente attingere
alla perfetta conoscenza della tradizione il sentimento
ragionato e indipendente della propria individualità. Sapere
per potere, questa fu sempre la mia idea. Essere capace di
rappresentare i costumi, le idee, l'aspetto della mia
epoca, secondo il mio modo di vedere; essere non solo un
pittore ma un uomo; in una parola fare dell'arte viva,
questo è il mio scopo."
[Gustave Courbet, dal catalogo della mostra di Courbet al
Padiglione del Realismo di Parigi, 1855].
Il consiglio: Mario de Micheli, David, Delacroix, Courbet,
Cézanne, Van Gogh, Picasso: le poetiche. Antologia degli
scritti, Milano, Feltrinelli
Marta
bellissimo blog, complimenti continuate così!
RispondiEliminaGrazie
Sono molto legata a questi pensieri che, nello scorso anno scolastico, erano diventati il motivo ispiratore della mia Quinta Istituto d'Arte. Arte come espressione, arte come liberazione, arte come libertà: sono tutte grandi verità ma ho sempre pensato, da buona storica e "teorica" dell'arte, che un buon artista debba essere completato dalla conoscenza e dalla consapevolezza della storia. Voglio citare di nuovo il grande maestro Courbet: "solo attraverso lo studio della tradizione ero riuscito a diventare libero". Credo fermamente che per essere davvero liberi di esprimersi e di trovare la propria cifra stilistica personale non si possa prescindere dalla consapevolezza più profonda della tradizione: se si padroneggia la storia e se la si metabolizza l'artista sarà libero di trovare una strada veramente, e paradossalmente, nuova. Courbet docet.
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