mercoledì 3 novembre 2010

Un pezzo che vale


Stralcio di un'intervista rilasciata da Giovanni Agosti a Andrea Dusio (Giovanni Agosti ovvero l'etica di fare cultura, www.milanocultura.com)

Quando e perché la Storia dell'Arte italiana ha smesso di essere un fatto letterario alto?

G.A: "Il più grande studioso di Storia dell'Arte del Novecento è anche uno dei massimi scrittori italiani del secolo scorso. L'unico che Pasolini, Testori e Arbasino abbiano riconosciuto come maestro. Poi ci sono stati tanti esempi di cattiva letteratura. L'imitazione longhiana è stata deleteria per alcuni dei suoi allievi, e ha provocato, di riflesso, una reazione salutare, un allontanamento della nostra materia dall'essere anche un fatto letterario. Poi ci sono autori per cui non si può scrivere che in una determinata maniera. Ognuno ha il proprio stile. In certi casi, come quello appunto delle schede che stiamo preparando per il catalogo di Rancate, è opportuno rinunciare a un certo tipo di intento espressivo. Il che equivale a un esercizio di ascesi. Da ragazzo, detestavo questa rigidità. Ora mi sono reso conto, a partire dal catalogo dei Disegni del Rinascimento in Valpadana (una mostra del 2001 agli Uffizi), che un esercizio di depurazione è funzionale anche alla pedagogia. Perché è importante non provocare negli studenti sterili desideri di imitazione. Diventare un cattivo maestro è facilissimo. Così come invecchiare malamente. Le tante follie che ho fatto nella mia vita non devono costituire un argomento di emulazione da parte dei miei allievi. Non rinnego nessuna delle mie dissipazioni. Ma con l'età si impara che ci sono dei punti e dei momenti in cui è inutile e improduttivo forzare le regole. A partire proprio dai cataloghi. Tanto sottotraccia un certo tipo di inquietudine credo si legga. Il primo viaggio che ho fatto da solo era ad Ascona, a vedere la mostra di Harald Szeemann sul Monte della Verità. Qualcun altro magari è stato segnato da una mostra su Giorgione, o sull'Arte lombarda dai Visconti agli Sforza. A me toccarono Lenin, Bakunin e Isadora Duncan. Per non parlare di Bramantino e di Luini..."





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